Pellegrino, ad Fininvest: «Focus sul core business per una dimensione più internazionale»

Rassegna stampa del 30-06-2018 - Intervista al Sole24Ore

Cinque anni fa l'impero di Silvio Berlusconi era a un bivio. Fininvest, la cassaforte dell'ex premier e dei suoi figli, schiacciata: il Lodo Mondadori, ventennale battaglia con Carlo De Benedetti, aveva dato una maxi-batosta da 560 milioni di euro. Mediaset e Mondadori, le due gambe del gruppo, erano state investite dalla tempesta sul mondo dell'editoria. L'avventura del Silvio imprenditore vacillava e c'era chi profetizzava un disarmo. E invece nella nuova Italia del populismo, la galassia Fininvest gode di ottima salute e sprizza 600 milioni di utili.

Da due anni sulla poltrona di ad della holding siede Danilo Pellegrino, milanese doc e manager schivo: è al vertice da due anni, ma non aveva mai parlato finora. Quando si è trattato di pensare a una nuova guida, dopo la lunga gestione di Pasquale Cannatelli, la scelta di Marina Berlusconi è caduta su un interno, un manager storico che ha fatto tutta la carriera dentro Via Paleocapa.

Pellegrino conosce la macchina in ogni ingranaggio, dopo 20 anni al fianco della presidente, scanditi da investimenti per 30 miliardi e profitti per 5: era arrivato nel 1988 in Fininvest, quando ancora non esisteva nemmeno Mediaset.

Il suo primo bilancio da ad della holding Fininvest non poteva iniziare meglio: 600 milioni di utili, in Via Paleocapa, non si erano forse mai visti...

È il bilancio di gruppo. Certo, sono numeri importanti, ma l'ultima riga è pesantemente influenzata dalla vendita del Milan: una grossa plusvalenza, con la quale peraltro siamo parzialmente rientrati dell'investimento fatto negli anni, oltre un miliardo.

Anche al netto dell'Una Tantum del Milan, i numeri di Fininvest sono la cartina di tornasole che nella Galassia Berlusconi è tornato il sereno...

Tutte le nostre attività sono in utile. Risultati ancor più significativi perché arrivano in un contesto di mercato terribile. La torta italiana della pubblicità, elemento fondamentale per il nostro Gruppo, si è rimpicciolita del 30%: da 9 a 6 miliardi.

Cosa è la Fininvest: la cassaforte di Silvio Berlusconi, e dei suoi figli, o una holding industriale?

Fininvest, oggi, è una holding finanziaria concentrata su media ed editoria, oltre alla presenza nella finanza con la partecipazione in Banca Mediolanum.

Quindi nel futuro ci saranno ancora tv, libri, riviste?

La strategia del gruppo, più volte sottolineata dal presidente Marina Berlusconi, è molto chiara: focalizzarsi nel core business, fare sempre meglio le cose che sappiamo fare meglio, e guardare sempre più a una dimensione internazionale. La tv generalista e gratuita è il Dna di Mediaset. Nessuno nega il ruolo dei nuovi competitor, ma il successo dei Mondiali è l'ennesima conferma della validità delle scelte di Pier Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri. Così come gli accordi con Sky e Tim che valorizzano i loro contenuti. E allo stesso tempo si sta studiando un'alleanza paneuropea di cui Mediaset vuole essere la locomotiva trainante. Sui periodici, invece, è stato fatto un grande lavoro e si continuerà a farlo. Ma il mercato dei magazines purtroppo è quello che è. Per il futuro della Mondadori, dove Ernesto Mauri ha realizzato un turn around incredibile, si guarda ai libri: dopo l'acquisizione della Rizzoli, la strategia di Marina prevede di crescere ulteriormente, e anche per ragioni antitrust non si può che pensare all'estero.

Anche Fininvest studia acquisizioni?

No, il perimetro della holding rimarrà questo. Ci sarà solo qualche intervento nell'area immobiliare, come la vendita del Cinema Odeon, pregiato immobile nel pieno centro di Milano. Abbiamo ricevuto un'offerta da parte di un importante fondo immobiliare straniero: un “big”, garanzia di serietà.

Ma siete pur sempre una holding di partecipazioni e come tale vivete delle cedole che le partecipate vi distribuiscono.

In questi anni, mentre Mediaset e Mondadori dovevano affrontare la grande crisi di media ed editoria, Banca Mediolanum è stata la “stampella” dei bilanci di Fininvest, una garanzia di rendimenti e di cedole: Ennio e Massimo Doris hanno gestito benissimo l'azienda. Editoria e finanza sono stati dei vasi di compensazione: quando uno faticava, c'era l'altro. Mediaset e Mondadori potevano già tornare a distribuire cedole, ma per ora hanno preferito tenere la cassa in casa e patrimonializzarsi. In futuro si vedrà, siamo fiduciosi.

Su Mediolanum, però, la Bce ha imposto a Fininvest di vendere un 19% della banca dopo la condanna di Berlusconi per frode fiscale...

Per il momento, in virtù della sentenza del Consiglio di Stato, ci teniamo il nostro 30%. Aspettiamo il verdetto della Corte Europea, ma l'imposizione della Bce ci pare inaccettabile. Tra l'altro Fininvest è azionista da sempre di Mediolanum, Berlusconi l'ha fondata assieme a Doris, ma non siamo mai entrati nella gestione.

In Mediobanca, invece, uno dei padroni è un certo signor Vincent Bolloré, che ha tentato di sfilarvi Mediaset...

Pensavamo che Bolloré fosse un socio, e invece si è rivelato un “pirata”, come lo ebbe a definire l'allora presidente francese Hollande. Fininvest e Mediaset, come sa, hanno fatto causa a Vivendi e pretendono un risarcimento: saranno i Tribunali a decidere. Noi siamo convinti di avere ragione perché la regola base degli affari è Pacta Servanda Sunt: gli accordi si rispettano.

Piazzetta Cuccia è da sempre il crocevia del potere e degli affari in Italia. Tra due anni scade il patto di sindacato: potrebbe succedere qualcosa?

Mediobanca è una banca ben gestita da Alberto Nagel, siamo azionisti e tali rimaniamo per ora perché è un investimento di cui siamo soddisfatti. Siamo solo dispiaciuti che il titolo, come purtroppo accade a tutte le banche italiane, in questo ultimo periodo sia stato penalizzato in Borsa.

A proposito di cali in Borsa, nemmeno Mediaset e Mondadori stanno facendo faville. A Cologno ancora si ricordano quando il titolo veleggiava sui 9 euro e oggi è sotto i 3...

Mediaset vale molto di più di quanto oggi il mercato prezzi. E se Bolloré ha tentato di prendersela, forse è perché ci ha visto del valore, non crede?

Lei ha un passato in Fiat: si potrebbe citare l'Avvocato Agnelli per dire che anche quello che va bene alla Fininvest va bene all'Italia?

In quanto holding italiana - con un Nav (Net Asset Value, il valore contabile degli asset, Ndr) di circa 4 miliardi - a cui fanno capo aziende che rappresentano eccellenze italiane, non possiamo che auspicare una maggiore stabilità politica: il tessuto produttivo del Paese resta forte, ma l'instabilità penalizza tutti.

Il destino dell'AC Milan tiene banco, e non solo sui giornali sportivi. Com'è possibile che Mr. Li, un imprenditore che versa 300 milioni e regala a Fininvest una plusvalenza d'oro, poi un anno dopo non riesca a trovare appena 30 milioni?

Guardi, ho rispetto per Mister Li. Ora è nell'occhio del ciclone, e forse avrà fatto anche qualche scelta sbagliata. Ma non dimentichiamoci che ha investito 1 miliardo nel Milan: soldi veri, di cui 240 milioni solo per la prima campagna acquisti. Quanti presidenti di club non solo in Italia metterebbero così tanto danaro? Purtroppo, il calcio è un mondo strano...

Così strano che alla fine anche Berlusconi ha ceduto e ha venduto...

Per Silvio Berlusconi vendere il Milan è stato come privarsi di un pezzo di vita. Ma Berlusconi è stato il primo a rendersi conto che ormai una famiglia di imprenditori, per quanto solidi, non può competere con i petrodollari. Per il Milan, Fininvest doveva sborsare attorno agli 80 milioni ogni anno. Un prezzo insostenibile.

Link: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-06-29/pellegrino-fininvest-focus-core-business-una-dimensione-piu-internazionale-201444.shtml?uuid=AEqvmrEF

 

 




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